Cx43 nella tossicità degli astrociti nella SLA

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 02 aprile 2022.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

A proposito della tossicità degli astrociti nella sclerosi laterale amiotrofica (SLA), lo scorso 19 marzo Diane Richmond scriveva: “Lo studio di Cristian Arredondo e colleghi ha finalmente identificato nel fosfato inorganico un fattore letale per le cellule nervose di moto del sistema nervoso centrale”[1]; infatti, avevano rilevato che gli astrociti derivati da iPSC con mutazioni quali SOD1, TARDBP, C9ORF72 responsabili di malattia del motoneurone, presentavano livelli abnormemente elevati del biopolimero a carica negativa poliP. Questo polifosfato inorganico intracellulare sembrava dalla sperimentazione il fattore principale dell’azione tossica degli astrociti sui motoneuroni nella SLA, ma non l’unico.

Uno studio condotto da Akshata A. Almad e numerosi colleghi ha identificato gli emicanali formati dalla connessina 43 (Cx43, da connexin) quale mezzo attraverso cui passa la tossicità per i motoneuroni mediata dagli astrociti e si diffonde la malattia. È importante sottolineare che questa mediazione della Cx43 è stata identificata quale meccanismo comune alle forme familiari ereditarie e alle cosiddette forme sporadiche. Gli autori dello studio sottolineano che la loro sperimentazione supporta l’impiego del tonabersat, un farmaco già valutato in trials clinici per altre indicazioni, per il trattamento della SLA.

(Almad A. A. et al., Cx43 hemichannels contribute to astrocyte-mediated toxicity in sporadic and familial ALS. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.2107391119, 2022).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neurology, The Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore, Maryland (USA); Department of Pharmacology, Physiology & Neuroscience, New Jersey Medical School of Medicine, University of California at Davis, California (USA); Department of Stem Cell and Regenerative Biology, Harvard University, Cambridge, Massachusetts (USA).

Ricordando che fin dal 2010 si conoscono meccanismi comuni a forme sporadiche e familiari[2], qui di seguito si riporta una sintesi introduttiva alla SLA, tratta da un nostro articolo precedente:

“La sclerosi laterale amiotrofica (SLA o ALS nell’acronimo inglese), descritta per la prima volta dal neurologo francese Jean-Martin Charcot nel 1869, è la forma più comune di malattia del motoneurone dell’età adulta, che evolve rapidamente in pochi anni dall’insorgenza di sintomi quali debolezza ingravescente degli arti, atrofia muscolare e spasticità. L’atrofia e la paralisi muscolare sono la conseguenza della degenerazione dei motoneuroni del midollo spinale e del tronco encefalico, la cui distruzione priva di tono, trofismo e riflessi i muscoli, compromettendo progressivamente le abilità motorie degli arti, la fonoarticolazione e la respirazione. La spasticità, che complica ed aggrava il quadro, è conseguenza della perdita dei neuroni motori della corteccia cerebrale. Infatti, il processo patologico interessa sia i motoneuroni superiori, sia quelli inferiori del sistema nervoso centrale, evolvendo attraverso una serie di stadi che influenzano la dimensione, la forma, il contenuto, il metabolismo e la fisiologia di queste cellule. Non si conoscono ancora le cause della SLA sporadica, che riguarda il 90-95% delle persone colpite, mentre per i casi familiari (5-10%) già in passato sono stati descritti specifici mutanti per almeno quattro forme ereditarie: ALS1, associata a SOD1 (Bruijn et al., 2004; Bruijn et al., 1998; Bowling et al., 1995; Borchelt et al., 1994; Rosen et al., 1993), ALS2 alla alsina (Yamanaka et al., 2003; Hadano et al., 2001; Yang et al., 2001), ALS4 alla senataxina (Chen et al., 2004; Moreira et al., 2004), e un’ultima forma è stata messa in relazione con una mutazione nel gene per una subunità della dinactina (Valee et al., 2004; Puls et al., 2003). Nonostante la bassa incidenza delle forme familiari, lo studio su modelli sperimentali di SLA ereditaria si sta rivelando molto importante per la comprensione della patologia anche delle forme sporadiche.

Si stima che all’incirca il 15-20% dei pazienti con forme ereditarie di tipo autosomico dominante, ossia circa il 2% di tutti i casi di SLA, presenta mutazioni nel gene situato sul cromosoma 21 che codifica l’enzima citosolico rame/zinco superossido dismutasi 1 o Cu/Zn SOD1 o semplicemente SOD1, un polipeptide di 153 aminoacidi che, come omodimero, catalizza la conversione di O2- in O2 e H2O2. La malattia con questa eziologia è denominata sclerosi laterale amiotrofica 1. Sono state descritte più di 100 mutazioni di SOD1 in grado di causare forme autosomico-dominanti; l’unica eccezione nota è l’omozigosi D90A SOD1, che è ereditata come recessiva. Varie mutazioni, sparse lungo la struttura molecolare e non concentrate in prossimità del sito attivo o dell’interfaccia del dimero, conferiscono a questa metalloproteasi una o più funzioni tossiche che compromettono l’integrità dei neuroni motori causando lo sviluppo della degenerazione all’origine di forme familiari della SLA1[3].

Il procedere degli studi ha rivelato altre importanti associazioni per le forme familiari[4]: VAPB, che è un ligando per i recettori Eph, è stato associato a SLA e ad atrofia muscolare spinale (AMS) ad insorgenza tardiva, in varie famiglie brasiliane; mutazioni nel gene OPTN (optineurina) sono state scoperte inizialmente in otto pazienti di SLA giapponesi; mutazioni nel gene della VCP (valosin-containing protein) si ritiene possano essere responsabili dell’1-2% dei casi di SLA familiare[5]; infine, l’associazione con due geni implicati nel metabolismo dell’RNA, ossia TDP-43 e FUS.

Quattro anni fa così si concludeva la recensione della scoperta di un meccanismo TDP-43 mediato comune a SLA e demenza FT: “La patologia del poro nucleare è stata riscontrata nel tessuto cerebrale sia di persone affette dalla forma sporadica di SLA sia di pazienti affetti da patologia causata da mutazioni genetiche in TARDBP e C9orf72[6]. I dati emersi da questo studio, per il cui dettaglio si rimanda alla lettura integrale del testo del lavoro originale, mostrano difetti di trasporto nucleo-citoplasmatico TDP-43-mediati, quale meccanismo patologico comune alla SLA e alla demenza FT”[7].

Ricordiamo anche che il ruolo degli astrociti nella SLA è indagato da molto tempo, e già nel 2011 abbiamo recensito uno studio che aveva identificato nella malattia del motoneurone cellule astrocitarie letali per i motoneuroni: “Attualmente si ritiene che i due principali contrassegni patologici della SLA siano la perdita dei motoneuroni e l’astrocitosi reattiva. Gli astrociti disfunzionali contribuiscono alla patogenesi della malattia, inducendo il danno dei motoneuroni e accelerando la progressione clinica. Non è però noto se la progressione della SLA è associata con l’apparire di uno specifico fenotipo astrocitario con potenziale neurotossico. Pablo Diaz-Amarilla e collaboratori hanno isolato da colture primarie di midollo spinale di ratti sintomatici per la SLA un nuovo tipo cellulare, costituito da un astrocita con elementi fenotipici aberranti. […]I ricercatori sono riusciti ad isolare gli astrociti con fenotipo aberrante, che hanno denominato cellule AbA, dal ceppo di ratti citato, che presenta la mutazione SOD1G93A. L’isolamento si è basato sulla marcata capacità proliferativa e la mancanza di senescenza replicativa che ha consentito un’espansione cellulare oligoclonale per un anno.

È importante notare che le cellule AbA presentavano i comuni markers degli astrociti, incluse la proteina acida della glia fibrillare, la proteina S100β, la glutammina sintetasi e la connessina 43, ma mancavano del trasportatore del glutammato 1 e della glicoproteina NG2, marker dei progenitori gliali.

La sperimentazione ha messo in rilievo una straordinaria proprietà delle cellule isolate: gli astrociti neonatali SOD1G93A sono in grado di indurre la morte dei neuroni motori, ma le cellule AbA secernevano fattori solubili in grado di determinare la morte dei motoneuroni con una potenza 10 volte maggiore[8].

Lo studio condotto da Akshata A. Almad e colleghi ha affrontato in chiave citologica il problema della tossicità astrocitaria che contribuisce a degenerazione e morte dei motoneuroni nella SLA, quale parte di un filone di ricerca differente da quello diretto all’identificazione del mediatore molecolare dell’effetto tossico, che ha portato a riconoscere il polifosfato intracellulare come composto in grado di causare danno neuronico selettivo. Nella chiave della citologia, la comunicazione fra astrociti, da decenni studiata per comprendere la fisiologia a “onde di propagazione del Ca2+” dell’astroglia e le particolarità della gliotrasmissione glutammatergica, si concentra sullo studio dei canali di membrana.

In condizioni fisiologiche le gap junctions e gli emicanali della connessina 43 (Cx43) consentono nel sistema nervoso centrale la comunicazione intercellulare fra gli astrociti e, nelle condizioni patologiche della SLA, permettono all’azione tossica di origine astrogliale di raggiungere i motoneuroni. Per comprendere la realtà, la portata e i limiti di questo ruolo nella degenerazione, i ricercatori hanno realizzato in un modello sperimentale murino di SLA un knockout specifico di Cx43, così da verificarne gli effetti sull’evoluzione patologica nota del modello. L’osservazione ha mostrato che la perdita degli emicanali formati dalla connessina rallentava la progressione della malattia sia in termini spaziali, con circoscrizione del danno, sia in termini temporali, allungando la durata della vita in condizioni non patologiche e della vita tout court, e infine forniva un’apprezzabile protezione per l’integrità dei motoneuroni.

L’espressione di Cx43 è notevolmente aumentata nei campioni di tessuto cerebrale prelevati post-mortem da persone affette da SLA e nell’analisi del fluido cerebrospinale condotta nello studio clinico dei pazienti: un elemento che indica una up-regulation connessa col processo patologico. Questo aspetto è stato indagato da Akshata A. Almad e colleghi usando astrociti derivati da cellule staminali umane pluripotenti indotte (hiPSC-A, da human induced pluripotent stem cell-derived astrocytes) ottenute sia da persone affette dalla forma familiare di SLA sia da persone affette dalla molto più frequente forma non strettamente condizionata dall’ereditarietà per la sua espressione clinica. L’indagine su queste cellule astrogliali umane ha confermato la regolazione in alto, per un’elevata espressione del gene della Cx43, e ha rivelato un elevato numero e addensamento di emicanali Cx43 nella membrana degli astrociti delle persone affette dalla malattia.

I ricercatori hanno allora bloccato farmacologicamente gli emicanali Cx43 negli astrociti umani con patologia SLA, usando GAP 19, un bloccante mimetico dei peptidi, e il tonabersat, una piccola molecola già studiata farmacologicamente anche nella fase di valutazione clinica, per altre indicazioni. Il blocco degli emicanali Cx43 determinava una significativa ed evidente protezione dei motoneuroni derivati da cellule staminali umane pluripotenti indotte (hiPSC-MN) e riduceva nettamente l’ipereccitabilità neuronica mediata dagli astrociti, ossia un altro importante segno della componente patologica di origine gliale.

A questo punto, i ricercatori hanno deciso di sperimentare il tonabersat, usato per il blocco in vitro degli emicanali gliali, quale farmaco in somministrazione cronica a topi SOD1G93A, cioè un classico modello sperimentale di SLA. Il tonabersat esercitava in vivo un effetto protettivo sui motoneuroni, con riduzione dell’astrocitosi reattiva e della microgliosi.

Nell’insieme, questi risultati identificano gli emicanali Cx43 quali strutture che fungono da condotti per la diffusione del danno e per la progressione della malattia, ma anche da possibili bersagli farmacologici per il trattamento della SLA.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-02 aprile 2022

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Note e Notizie 19-03-22 Identificato il meccanismo di tossicità per i motoneuroni in SLA e demenza FT.

[2] Uno studio del 2010 ha identificato un meccanismo SOD1-dipendente che sembra essere comune alle forme sporadiche e familiari (v. Note e Notizie 30-10-10 Nella sclerosi laterale amiotrofica (SLA) SOD1 normale e mutante condividono conformazione aberrante e via patogenetica).

[3] Note e Notizie 31-03-12 Nella sclerosi laterale amiotrofica un anticorpo riconosce forme tossiche di SOD1.

[4] Anche fattori angiogenici sono stati associati alla SLA: mutazioni nell’angiogenina (ANG), ad esempio, sono state associate a casi sporadici e familiari della malattia del motoneurone.

[5] Wong P. C., et al. Motor Neuron Diseases in Basic Neurochemistry (Brady, Siegel, Albers, Price, editors-in-chief), Ch. 45, pp. 801-814 (cit. p. 806), AP Elsevier 2012.

[6] Vedi in Note e Notizie 08-10-11 Il difetto genetico responsabile di SLA e DFT identificato sul cromosoma 9p21.

[7] Note e Notizie 20-01-18 Scoperto un meccanismo legato a TDP-43 per la SLA e la demenza FT.

[8] Note e Notizie 29-10-11 Astrociti aberranti e paralisi nella SLA.